Si è chiuso il sipario su SENTIENT HORIZONS, il ciclo di incontri organizzato da Istituto Marangoni con il patrocinio di ASI – Agenzia Spaziale Italiana.
La School of Design di Istituto Marangoni Milano – punto di riferimento nella formazione dei giovani talenti attraverso l’innovazione e la visione creativa contemporanea – si è interrogata sul ruolo del design nel rendere più “umani” i nuovi scenari tecnologici attraverso i tre incontri che hanno avuto luogo in Triennale a Milano:
- Deep Imaging
- Spaced Proximity
- Noetic Design
Il design e le nuove tecnologie
La cultura del design si è confrontata con le tecnologie robotiche, la nuova esplorazione spaziale, l’intelligenza artificiale e gli universi virtuali con lo scopo di individuare le prospettive che il design può aprire nell’interpretazione dei nuovi scenari tecnologici.
Quella del designer sarà una professione sempre più trasversale che dovrà affrontare la sfida di integrare l’aspetto emotivo e antropologico dell’essere umano nei nuovi ambienti tecnologici.
Al design spetta quindi la grande sfida di progettare nuovi mondi come il metaverso, nuove intelligenze quelle degli oggetti robotici, e il senso vissuto dell’esperienza umana su altri pianeti. Tutto questo richiederà non meno ma più umanistica cultura del design, spingendo più avanti le frontiere della creatività. Si tratta di un confronto tra presente e futuro per valorizzare il potenziale del design nell’umanizzazione della tecnologia.
Gli interventi del DEEP IMAGING
Tanti i protagonisti delle tre tappe di questo viaggio che, moderati dalla giornalista Laura Traldi, si sono confrontati sul tema.
Alla prima talk DEEP IMAGING, hanno partecipato Federica Cascia, Head of Brand Strategy Meta Horizon and Avatars della divisione Reality Labs di Meta, il Computational Designer Arturo Tedeschi e Luca Morena, co-founder & CEO di Nextatlas.
Hanno dialogato su come la dimensione visiva, originariamente bidimensionale, stia diventando sempre più un’esperienza tridimensionale non solo da vedere ma da esplorare, attraverso la nascita dei metaversi e di esperienze di gaming sempre più complesse dal punto di vista narrativo.
In ambiti di questo tipo sarà determinante la grande capacità immaginativa dei designer, che avranno la possibilità di sperimentare nuovi modelli e nuove forme di interazione in un contesto digitale sempre più presente, facendo del metaverso un luogo fatto per essere letteralmente riempito con l’immaginazione e dettagli antropologici.
La SPACED PROXIMITY
Nella seconda talk SPACED PROXIMITY, interessante il dialogo tra l’industrial designer Ross Lovegrove, l’astronauta Paolo Nespoli, il fondatore di SAGA Sebastian Aristotelis e lo studio interdisciplinare Space Popular.
Gli ospiti hanno indagato il ruolo che la cultura dell’abitare può giocare nella definizione dei nuovi spazi abitativi su pianeti con gravità e geografia diversa da quella terrestre con l’obiettivo di valorizzare la dimensione umana e organica e dei soggiorni prolungati su altri mondi.
Il design sostenibile, secondo Sebastian Aristotelis – architetto specializzato in strutture per ambienti extraterrestri – dovrebbe cogliere la grande opportunità di sfruttare le conoscenze acquisite nella progettazione per ambienti estremi e trasporle nel perseguimento della sostenibilità sulla Terra.
Sulla stessa linea, anche Ross Lovegrove ha sostenuto l’applicazione del pensiero intelligente utilizzato per lo spazio anche sulla Terra, che permetterà di creare un dialogo con lo spazio. Quindi lo spazio è assolutamente vitale per aiutare la Terra.
Lara Lesmes e Fredrik Hellberg di Space Popular hanno approfondito l’idea che la vera comunicazione implichi il coinvolgimento dell’intero corpo e l’importanza di simulare la presenza umana in ambienti virtuali al fine di combattere il senso di isolamento degli astronauti.
Quello che emerge quindi non è solo la necessità di espandere su altri mondi la dimensione antropologica dell’esistenza umana, ma anche l’opportunità di portare nella vita terrestre le conoscenze e la creatività sviluppate per le esplorazioni spaziali.
Il NOETIC DESIGN
Ultima tappa del ciclo Sentient Horizons di Istituto Marangoni è stata NOETIC DESIGN, un confronto che ha voluto gettare le basi per un futuro più armonioso tra esseri umani e oggetti robotici, oltre che indicare le linee guida dello sviluppo delle discipline del progetto e, quindi, ancora una volta del ruolo del designer nel migliorare l’interazione tra umani e macchine.
Protagonisti del dibattito Alessandro Balossino, responsabile Ricerca e Sviluppo di Argotec, azienda aerospaziale all’avanguardia nella produzione di piccoli satelliti e soluzioni ingegneristiche per il supporto del comfort degli astronauti in orbita; Federico Cabitza, professore associato di Interazione Uomo-Macchina presso l’Università di Milano-Bicocca, noto esperto nel campo dell’interazione tra umani e macchine; e Odoardo Fioravanti, industrial designer tra i più influenti nell’attuale scenario.
Punto di partenza del confronto è stata una riflessione sul rapporto, ancora controverso, tra oggetti robotici ed esseri umani, tema destinato a diventare centrale nella cultura del design dei prossimi anni, ovvero come e quale forma dare gli oggetti robotici. Dovranno assomigliare a scatole neutre contenenti la tecnologia, senza alcuna relazione tra forma e contenuto, o avere una forma umanoide, che però è spesso fonte di dissonanza cognitiva – (il cosiddetto fenomeno psicologico della “uncanny valley”)?
Quali sfide dovrà affrontare il design?
I relatori sono stati concordi nel sottolineare che il design degli oggetti robotici non dovrebbe cercare di imitare l’aspetto umano né essere un piatto contenitore asettico, ma dovrebbe invece evocare una specie di “piccola magia buona” per suscitare nell’utente una reazione benevola ed empatica. Diventa quindi centrale il concetto di “affordance” di un oggetto, cioè la corretta e immediata percezione dell’utilizzo dell’oggetto a partire dal suo aspetto.
La sfida per il design è dunque quella di rendere intuitivi gli oggetti robotici, mettendo il concetto di estetica robotica al centro della progettazione. In questo senso si apre la strada al prompt design, una nuova professionalità che andrà ad ampliare il ventaglio di specificità del lavoro del designer. Presenza speciale sul palco di Noetic Design, il robot Nao, accompagnato da Emanuele Micheli, presidente della Scuola di Robotica di Genova. Nao rappresenta un esempio concreto di robotica avanzata. Alto circa 58 centimetri e dall’aspetto amichevole, è dotato di un corpo snodabile che gli consente di muoversi in modo fluido e flessibile. La testa di Nao è equipaggiata di 2 telecamere, microfoni e sensori tattili, che gli consentono di percepire l’ambiente circostante e interagire con le persone. Oggi Nao è tra i robot umanoidi più noti e utilizzati in tutto il mondo e la sua partecipazione all’incontro ha offerto una prospettiva unica sulla relazione uomo-macchina.
“L’obiettivo di questo ciclo di incontri”, ha spiegato Sergio Nava, Director of Education della School of Design Istituto Marangoni Milano, “è riportare il design al suo ruolo originario, che consiste nel dare un senso al cambiamento del proprio tempo favorendo lo sviluppo di una relazione più “empatica” tra l’uomo e le tecnologie emergenti”.
Questi temi rientrano in un più ampio programma di ricerca culturale che la Scuola di Design dell’Istituto Marangoni Milano ha già intrapreso da qualche anno e che proseguirà anche nell’anno accademico 2023/24, in particolare con il nuovo Master in Product Design for Human-Robot Interaction.