Nel corso di agosto, negli Usa, si è verificato un sorpasso interessante: la spesa per il cibo fuori casa ha superato quella per il consumo domestico. Il fenomeno è noto con il termine di FAFH – Food Away From Home e comporta un giro d'affari superiore a 730 miliardi di dollari.
Un simile trend è seguito anche da altri Paesi e contribuirà al cambiamento della modalità produttive. Le aziende alimentari, infatti, saranno sempre più chiamate a innalzare il proprio livello qualitativo. Studi di mercato, infatti, hanno confermato che la qualità del cibo consumato al di fuori delle mura domestiche è mediamente inferiore rispetto a quello preparato a casa, in quanto caratterizzato da maggiori livelli di grassi saturi e solidi, oltre che da un maggiore contenuto di zucchero.
Da qui la sfida, per i produttori, a proporre cibi caratterizzati da un adeguato livello nutrizionale, ma anche a costo contenuto e rispettosi dell'ambiente (soprattutto per quanto riguarda il packaging), oltre che sempre meno ricchi di conservanti artificiali.
L'attenzione, quindi, è sempre più focalizzata su processi produttivi in grado di eliminare muffe e i batteri. Responsabili del deperimento dei cibi, senza aggiungere prodotti chimici e senza alterare il gusto dei cibi stessi. Un compito delicato, che sfrutta soluzioni come i reggi UV o le frequenze radio ad alta intensità.
Il tutto senza intaccare i livelli di sicurezza e garantendo la completa tracciabilità di tutti i prodotti.
I membri dell’Advisory Board del fondo Pictet-Nutrition hanno però sottolineato come il cibo da asporto più sano è anche il meno economico. La sfida per i grandi produttori è quella di produrre cibo di qualità e salutare, ad un prezzo accessibile.