Per la maggior parte delle persone, in Italia, quella del lobbista è un’attività “losca”, condotta tra sotterfugi e “mazzette”. Nei Paesi anglosannoni, al contrario, è considerato un lavoro importante, poiché destinato a mettere in contatto il mondo politico con le reali esigenze delle aziende, ma anche della società civile.
Non si può prescindere dalle Lobby
Qual è, quindi, il vero volto di un lobbista? A spiegarlo, nel libro “Il mestiere del potere” è Alberto Cattaneo, fondatore “Cattaneo Zanetto & Co.”, una delle società leader in Italia nel settore nell’ambito di public affairs, lobbying e political intelligence. Attualmente Cattaneo dirige le practice professionali nell’ambito della salute, del gioco, del tabacco e del no-profit. Così come, in passato, ha lavorato come consulente strategico in campagne elettorali locali e nazionali.
Un’esperienza che lo ha portato a spiegare come ormai “sono sempre più numerose quelle aziende, in passato lontane delle lobby, che pensano che un buon posizionamento politico sia comunque un vantaggio competitivo da raggiungere. Ad esempio il settore alimentare non è fortemente regolamentato (o almeno non lo è dal punto di vista strettamente politico quanto, invece lo è dal punto di vista regolatorio) e quindi si può competere sul mercato degli yogurt, delle bibite, dei surgelati senza fare lobby specifica. Ma in un contesto culturale in forte trasformazione, dove il benessere è diventato un bene pubblico da perseguire, dove la sicurezza alimentare non è più un tema prevalentemente tecnico regolatorio, diventa fondamentale per questo settore competere anche nel mercato della politica. Lo si è visto recentemente nelle battaglie sull’olio di palma, sulla provenienza del grano, sulle bibite gassate o sui cibi ricchi di grasso. A vario titolo le aziende di questo settore sono state oggetto di attacco fautore di stile di vita vita capeggiati da consumatori o movimenti di opinione (ma anche da concorrenti meglio posizionati sul versante del benessere), che ne hanno messo in dubbio il loro business model, costringendole a difendere ciò che hanno fatto per anni: preservare i loro prodotti, i loro metodi di produzione, i loro profitti”.
Il lobbista è buono o cattivo?
Dividere quindi i lobbisti in “buoni” o “cattivi”, secondo Cattaneo, non ha senso. Perché si entrerebbe in un ambito che coinvolge l’etica e, quindi, si perderebbe di vista l’obiettivo di permettere a tutti di competere, con strumenti leciti come quello della persuasione. Inoltre, come evidenzia Cattaneo, pur utilizzando la categorizzazione, può essere definito “buono” anche l’obiettivo dei petrolieri, quando quest’ultimi mirano ad aumentare gli investimenti nel loro settore, per incrementare così l’occupazione.
Si tratta di temi delicati, che proprio Cattaneo tratterà lunedì 21 gennaio nel corso di un incontro organizzato presso la Sala della Banca Popolare di Colico (Lc) alle 18.00.
La serata di approfondimento, a partecipazione gratuita, è indirizzata agli operatori economici locali.