L’Industry 4.0 può essere la chiave di volta per rilanciare la competitività del Paese, creare nuovi posti di lavoro e trovare modelli di produzione aziendale più efficienti e convenienti per le aziende.
Una nuova ricerca di Roland Berger, società tedesca di consulenza strategica, condotta su un panel di 250 aziende italiane tratteggia uno scenario dove la nuova rivoluzione industriale è già alle porte, un modello nuovo dove i sistemi e le macchine sono interconnessi per produrre dati e guidare la produzione industriale verso nuovi traguardi. Al momento, in verità, l’obiettivo della Fabbrica 100% digitale è ancora lontano, ma le opportunità che si respirano sono tante, a cominciare dall’affermarsi di un nuovo paradigma produttivo che come accennato può portare a risollevare le sorti dell’occupazione nei paesi sviluppati (dove negli ultimi anni si è assistito a una forte frenata a tutto vantaggio dei paesi più emergenti, come la Cina) attraverso l’inaugurazione di una nuova equazione economica che si basa su un ritorno del capitale investito maggiore.
Varie nazione stanno pensando o hanno già pensato di sposare questo modello per mantenere la posizione raggiunta o addirittura per dare un nuovo impulso alla competitività. Così la Germania ha studiato un piano di investimenti pari a 200 milioni di euro, mentre gli Stati Uniti hanno toccato i due miliardi e la Cina i 2 miliardi e 200. Nettamente più indietro l’Italia che se anche ha fatto alcuni passi avanti non ha ancora sviluppato un piano adeguato.
Dalla ricerca di Roland Berger emerge tuttavia chiaro l’intento di passare da una produzione di massa a una personalizzazione di massa, dove il prodotto è calato sulle necessità del singolo utente. Si vuole poi passare da economie di scala a unità localizzate e flessibili e a una produzione dinamica e su richiesta. Il modello è quello di un lavoro appunto flessibile dove l’ambiente è altamente attrattivo.
Esempi che vanno in questa direzione non mancano, come il caso Adidas o Peugeot, ma il rischio di soccombere per le aziende che si trovano ad essere a metà strada tra l’essere un grande operatore o un piccolo operatore customizzato è elevato.
Non esiste una ricetta univoca per affrontare i cambiamenti che ci attendono ma Roland Berger parla soprattutto della necessità di sviluppare competenze, modelli di flessibilità lavorativa, skills più evolute e di puntare sulla sicurezza.
Il livello delle soluzioni dell’Industry 4.0 è oggi ancora basso ma l’impatto atteso è molto elevato nelle risposte sia delle piccole, che delle medie che delle grandi aziende. Ci si aspetta che questo tipo di soluzioni impatteranno in maniera importante sui modelli di business, anche se non è ancora chiaro se tale impatto sarà positivo o negativo.
Le aziende più grandi ritengono di avere competenze in casa per affrontare la sfida, mentre le piccole non ne sono convinte.
Altro limite, come accennato sopra, è che nel nostro Paese non sono ancora disponibili strumenti di contesto e a livello di sistema come invece è avvenuto per la Germania.
Le aziende in Italia non hanno ancora un buon livello di preparazione, tuttavia l’Industry 4.0 è riconosciuta da quasi tutte le aziende (77% delle medie e 92% delle grandi) come un motore di propulsione che può essere il tassello decisivo per spingere verso una maggiore competitività.
Le aziende vedono l’Industry 4.0 come un’opportunità per ridurre i costi o per sviluppare nuovi prodotti con una conseguente crescita dei ricavi. Gli investimenti nell’Industry 4.0 sono percepiti come “sostenibili” se hanno un ritorno entro 2-4 anni, quindi sembra esserci una disponibilità da parte delle aziende ad investire nel settore portando contemporaneamente avanti il loro modello di business.
Emerge poi chiara l’esigenza di indirizzare il sistema di formazione per fornire figure specializzate in Industry 4.0, attualmente carenti tanto che le aziende stesse dichiarano che è particolarmente difficile trovare competenze e specialisti sul mercato.
L’Industry 4.0, d’altronde, è anche un’occasione per riallocare risorse sul mercato del lavoro tanto che si stima che potrebbero corrispondere a 1 milione i nuovi posti collegati all’affermarsi di questo nuovo paradigma, oltre alla nascita di nuove attività industriali e nuovi servizi.
La raccomandazione di Roland Berger è che esiste una necessità di indirizzo di sistema e che devono essere messi a disposizione contributi e incentivi piuttosto che logiche di formazione e di cultura e infine di azione sulle infrastrutture. Solo così l’impianto produttivo italiano potrà essere rilanciato e scendere in campo per combattere ad armi pari con gli altri giganti del mondo dell’Industria.