L’industria alimentare, elettronica, tessile, automobilistica, le banche, le assicurazioni, nessun settore sembra immune dalla minaccia di uno scandalo che screditi un intero mercato e l’intero processo di tracciabilità. I consumatori oggi chiedono maggiore trasparenza e visibilità sui prodotti. Una cosa buona, naturalmente, ma non impedirà in futuro di rivivere un caso come quello che ha coinvolto Findus con la fornitura di lasagne e hamburger taroccati.
Rischio del fornitore, un aspetto complesso e sfaccettato
Vediamo prima di tutto quale è la definizione di rischio fornitore. Dal punto di vista dell’approvvigionamento, la definizione è puramente finanziaria (stabilità finanziaria del fornitore, rischio di non essere più approvvigionato…). Dal punto di vista della qualità del servizio, il rischio fornitore è orientato al prodotto, come è avvenuto nel caso Findus/Spanghero. La collaborazione tra i due dipartimenti appare come essenziale per la gestione di un fornitore nel suo complesso, sia in termini di entità giuridica che delle sue linee di prodotto.
La riflessione sulla gestione del rischio fornitore e sulla creazione di una strategia efficace di tracciabilità implica in primo luogo l’integrazione di tutta la catena a monte. Avere una chiara visione dei rischi connessi ai propri fornitori diretti è una buona cosa, ma se loro stessi hanno problemi più a monte a cui le aziende non stanno prestando attenzione, cosa si può fare?
Il caso Findus ha evidenziato bene questo aspetto: le imprese devono avere uno strumento di controllo di tutta la supply chain se vogliamo affrontare tutti i livelli produzione a rischio zero. Gestire il rischio fornitore non si limita solo a una tracciabilità corretta e senza intoppi dei fornitori strategici.
La tracciabilità, sia hardware che software, deve avvenire in tutte le fasi della catena di approvvigionamento, dalla trasformazione di un prodotto o servizio, nel settore alimentare, ma non solo, naturalmente. E deve inoltre adottare gli indicatori giusti, tema su cui le imprese sono lungi dall’avere dimostrato maturità finora.
Più un’azienda è in grado di ottenere informazioni dettagliate sui diversi eventi del ciclo di vita di un prodotto prima che arrivi presso i propri magazzini, più il rischio di frode sarà limitato.
Una tracciabilità esemplare non vuol dire rischio zero
Tuttavia, una tracciabilità perfetta non può scongiurare totalmente il rischio. Aiuta a ridurre i rischi, non a eliminarli. Qualunque sia il livello di precisione e accuratezza della strategia di gestione dei fornitori di un’azienda, l’errore umano esiste e esisterà sempre. Il miglior esempio è il caso Furosemide del giugno 2013, quando un sonnifero finì al posto di un diuretico, causando la morte di tre persone. Per fortuna si trattava di un solo imballaggio e di una fornitura circoscritta e la catena logistica è stata impeccabile, quindi è stato possibile evitare una tragedia più ampia. Ma questo non elimina la responsabilità del laboratorio Teva che ha messo il prodotto sul mercato. Dal momento in cui si immette un prodotto sul mercato, bisogna garantire automaticamente una qualità impeccabile. In questo caso si applica perfettamente il principio del “responsabile ma non colpevole”.
Livelli di maturità molto diversi a seconda dei settori
Nel complesso, le aziende non sono ancora a un buon punto nella gestione di rischio fornitore. Alcuni settori (banche, farmaceutici) hanno una normativa severa che impone misure di salvaguardia per evitare tali abusi. Queste aziende si sono dovute dotare quindi di soluzioni per essere in regola. Al di fuori di questi settori, le organizzazioni sono purtroppo ancora molto libere. Alcuni devono solo gestire i propri repository fornitore e valutano un fornitore su criteri di base (costo, tempo), senza tener conto della qualità dei prodotti. Fino a quando il quadro giuridico non cambierà, queste disparità continueranno a esistere e la gestione del rischio fornitore non entrerà nella lista delle priorità delle aziende, a loro rischio e pericolo…