Lo scorso luglio aveva suscitato scalpore l’idea dell’Europarlamento di imporre una tassa sui robot. Gli introiti sarebbero poi destinati al sistema previdenziale privato dei lavoratori umani. In pratica ogni cittadino o ogni azienda che impieghino degli automi dovrebbe segnalarlo formalmente, specificando quanti lavoratori vengono sostituiti da una simile apparecchiatura e, quindi, qual è il risparmio in termini di contributi.
Un’idea che vede come maggior promotore Mady Delvaux, che ha presentato una mozione sulla “personalità elettronica” dei robot. L’europarlamentare, proveniente dal partito operaio socialista del Lussemburgo ed ex insegnante di latino e francese, ha formalizzato la propria proposta in 22 pagine. Un lungo documento, che racconta di come i robot sostituiranno gli operatori umani in moltissimi casi. Ma ricco anche di un riferimenti fantascientifici e immaginari, che vanno da Frankenstein a Pigmalione, passando attraverso il Golem di Praga. Il tutto completato da dati, dei quali non viene citata la fonte, secondo cui la crescita dei robot è stata del 17% all’anno tra il 2010 e il 2014, per poi passare al 29%.
Una situazione che ha portato anche a “triplicare il numero di brevetti relativi ai robot nell’ultima decade”. Una crescita sicuramente significativa, si potrebbe osservare, anche se i dati forniti dalla Delvaux, essendo solo percentuali, non illustrano il fatto che dieci anni fa solo pochi robot fossero attivi nel mondo, così come non viene specificato a quale tipologia di robot si faccia davvero riferimento.
Malgrado questo documento abbastanza confusionario e ben poco tecnico, nei giorni scorsi il Parlamento Europeo ha chiesto alla propria Commissione Giuridica di sviluppare una proposta legislativa che regolamenti l’impiego dei robot . Una richiesta che ha riportato alla ribalta Mady Delvaux. All’europarlamentare, in una lunga intervista pubblicata sul sito del Parlamento Europeo, viene chiesto di fare degli esempi di cosa significhi robot: “Identifichiamo i robot come “macchine fisiche”, dotati di sensori e interconnessi in modo da poter raccogliere dati. La prossima generazione di robot avrà più capacità di autoapprendimento. Ci sono le automobili che si guidano da sole. Poi abbiamo droni, robot industriali, macchinari utilizzati in medicina, giocattoli, robot agricoli, resistenti al fuoco…”
I robot avranno una personalità
A parte il fatto che non risulta chiara la commistione tra giocattoli, robot medici e resistenti al fuoco, è interessante l’aspetto relativo alla “personalità elettronica”, che ha spinto la Delvaux a chiedere alla Commissione di valutare differenti opzioni possibili: “Si potrebbero dotare i robot di una personalità virtuale. Una cosa simile avviene ora per le aziende, ma non è una questione che si risolverà dall’oggi al domani. Ciò di cui abbiamo bisogno ora è creare un quadro giuridico per i robot che sono attualmente sul mercato o lo saranno nei prossimi 10 o 15 anni”.
In attesa delle decisioni di Bruxell, in caso di incidente provocato da un robot, la Delvaux spiega che “secondo il principio della responsabilità oggettiva, a rispondere dovrebbe essere il produttore perché è nella posizione migliore per limitare i danni. Poi starà al produttore rivalersi contro i suoi fornitori. L’altra opzione è fare dei test di valutazione del rischio prima della messa in funzionamento di un robot e le eventuali responsabilità per condotte sbagliate sarebbero in questo caso condivise da tutti i soggetti interessati. Vogliamo proporre l’assicurazione obbligatoria, almeno per i grandi robot”.
Una definizione, quella dei “grandi robot”, che appare parecchio indefinita, così come non è ben chiaro perché i “grandi robot”, che immagino siano quelli impiegati nei processi produttivi dove maggiore è l’attenzione alla sicurezza, siano più pericolosi rispetto a un’auto senza guidatore o ad un drone che potrebbe cadere sopra gli spalti di una stadio gremito di persone…
In ogni caso la Delvaux ritiene necessario accelerare i tempi per la nuova legislazione, che sia attenta anche agli aspetti della privacy: “Per una volta, vorremmo impostare principi comuni europei e un quadro giuridico comune prima che ogni Stato membro una una propria e differente legge. La normalizzazione è anche nell’interesse del mercato: l’Europa è forte nel campo della robotica ma se vogliamo rimanere leader del mercato abbiamo bisogno di decidere regole comuni a livello europeo. Sulla responsabilità, i clienti devono avere la certezza di essere assicurati in caso di danni. Il grande problema è la sicurezza e la protezione dei dati. I robot non possono funzionare senza uno scambio di dati per cui vi è anche una questione di privacy su chi avrà accesso a questi dati”.
I robot rubano posti di lavoro
Il tema più caldo, però, rimane legato al timore che i robot possano far perdere posti di lavoro: “Credo che questa sia la più grande sfida per la nostra società e per i nostri sistemi educativi. Non sappiamo che cosa accadrà. Credo che rimarranno pochi posti di lavoro per persone scarsamente qualificate. I robot non sostituiranno gli esseri umani; io parlerei piuttosto di cooperazione. Chiediamo alla Commissione di esaminare l’evoluzione, quali attività umane saranno sostituite da robot. Per i lavori usuranti, si tratta di una buona cosa: penso a quando si devono trasportare merci pesanti o se il lavoro è pericoloso (incendi, sott’acqua…). Dobbiamo monitorare ciò che sta accadendo e dobbiamo essere preparati per ogni scenario futuro. C’è altro un punto controverso nel rapporto e riguarda i nostri sistemi di sicurezza sociale. Se ci saranno molti più disoccupati, bisogna assicurargli una vita decente. Questo è anche un invito agli stati membri, affinché riflettano su questa tematica fuori o dentro l’Ue”.
Un problema, quello delle macchine che sottraggono i posti di lavoro, di cui si discute dall’inizio dell’800. Quando il luddismo, il movimento di protesta operaia, sabotava la produzione industriale, colpendo, quelle che, all’epoca, erano macchine avvenieristiche, come i telai meccanici…