Il fenomeno della delocalizzazione delle attività produttive in paesi emergenti è ben noto a tutti noi, ed il più delle volte assume una concezione prettamente negativa, indicando la “fuga” delle aziende manifatturiere verso nuovi “paradisi produttivi”, in cui la disponibilità di manodopera a costi decisamente inferiori può garantire un significativo contenimento dei costi di realizzazione del prodotto. In realtà il termine inglese per definire questa tendenza, Offshoring, indica più in ampio la possibilità di utilizzare una vera e propria leva gestionale grazie a cui assecondare uno dei trend tipici del mondo industriale dagli anni ’90: la globalizzazione. La possibilità di poter sfruttare le risorse ambientali ed economiche dei paesi in via di sviluppo (soprattutto Cina e India) a seguito delle liberalizzazioni e delle aperture di questi stati, ed essere più vicine a potenziali nuovi mercati è, ed è stata, una leva di straordinario impatto per le aziende che l’hanno saputa cogliere.
Oggigiorno il fenomeno sta riprendendo vigore, anche se declinato in maniera diversa: McKinsey Global Institute, in uno dei suoi ultimi report (Gennaio 2014), lo definisce Reshorting, o meglio ancora Next-shoring. Con il primo termine si indica la tendenza a riportare le attività manifatturiere verso i paesi occidentali; il secondo può apparire simile, ma in realtà indica un fenomeno sostanzialmente differente, legato non più al ritorno della manifattura verso Europa e USA, bensì alla possibilità che le aziende intraprendano un nuovo processo di analisi che le porti ad identificare le zone geografiche in cui l’insieme di tutti i fattori produttivi garantisca le maggiori probabilità di successo e di crescita (e queste zone potrebbero anche non comprendere Europa e USA).
Alla base del Reshoring/Next-Shoring ci sarebbero almeno due elementi decisivi nella valutazione delle strategie di sviluppo delle aziende secondo McKinsey: (i) il bisogno delle attività manifatturiere di essere vicine ai nuovi mercati emergenti e (ii) la necessità delle imprese di essere prossime ai centri di ricerca e ai poli tecnologici di eccellenza, grazie a cui aver accesso alle migliori innovazioni e dispositivi digitali. È possibile forse individuarne un terzo elemento da parte nostra, legato (iii) alla necessità di rispondere ad una domanda radicalmente diversa, sempre più sporadica e sempre più orientata verso la richiesta di prodotti personalizzati e unici.
La crescita dei salari e degli stipendi nei paesi che erano in via di sviluppo, che ad oggi sono di fatto paesi sviluppati (la Cina sta sperimentando una crescita dei salari al ritmo di circa 15-20% all’anno, assottigliando la differenza tra il costo del lavoro cinese e quello americano, distanti ora solo il 7%), ha portato ad una crescita sostanziale della domanda in queste zone, modificando la concezione di Cina e India da semplici fornitori di materie prime e risorse a basso costo, a veri e propri mercati di sbocco dei prodotti. La Cina è diventata nell’ultimo anno il più grande produttore e allo stesso tempo mercato di sbocco per il settore dell’automotive: ciò ha portato i produttori di componenti e sotto-assiemi del settore a muovere la produzione verso questi nuovi mercati, per poter intercettare immediatamente le nuove richieste e bisogni. McKinsey stima che nel 2025 la quota parte di consumi mondiali derivanti dalle richieste dei paesi emergenti possa raggiungere il 66%, rispetto al 50% attuale. L’offshoring (o Next-shoring) quindi continuerà, ma per ragioni più di vicinanza al mercato, e meno legate alla necessità di ridurre i costi di produzione.
Nel processo di Reshoring le tecnologie digitali emergenti giocano un ruolo rilevante. La possibilità per le aziende manifatturiere di accedere a tecnologie abilitanti in grado di impattare in modo trasversale sui processi produttivi ed aumentarne il livello di automazione, può portare a scenari competitivi difficilmente immaginabili solo qualche anno fa. La Stampa 3D per esempio, con la sua abilità a comprimere i tempi di sviluppo del nuovo prodotto e di prototipazione, riduce significativamente il time to market dei prodotti, svantaggiando aziende che hanno delocalizzato le proprie attività e sono quindi caratterizzate da una filiera molto lunga e poco reattiva ai rapidi cambiamenti del mercato. L’Internet delle Cose, la Realtà Virtuale e quella Aumentata, insieme alla Robotica avanzata, introducono in azienda un livello di automazione grazie a cui ridurre significativamente l’impatto del costo della manodopera sul prezzo del prodotto finito, limitando i vantaggi della delocalizzazione verso paesi a ridotto costo del lavoro.
È inoltre abbastanza chiaro come, una quota parte sempre più significativa della domanda, stia evolvendo da semplice richiesta continua di prodotti standard, verso la richiesta di una soluzione prodotto&servizio personalizzata sulle esigenze del singolo consumatore. In questo senso quindi, tecnologie come la Stampa 3D, in grado di produrre componenti unici sulle specifiche esigenze del cliente allo stesso costo di una produzione in serie, avrà un impatto formidabile; l’utilizzo di sensori e device in miniatura (internet delle cose) in grado di rilevare il funzionamento e le condizioni d’utilizzo e di stoccaggio dei prodotti, abilitano le aziende nel definire politiche di service e manutenzione specifiche per ogni singolo cliente, modificando i propri modelli di business che evolvono verso strategie di pay x use e pay x performance.
Inutile sottolineare che tutte queste tecnologie digitali necessitino di figure professionali altamente formate e specializzate per poter essere implementate e gestite nelle aziende, e che queste siano più facilmente reperibili in paesi in cui l’istruzione segue la loro evoluzione ed il loro sviluppo. I vantaggi appena descritti saranno perseguibili da quelle aziende che disporranno di personale interno dedicato e formato su queste tecnologie digitali: sempre un maggior numero di aziende vorrà riportare le proprie “braccia” (attività produttive) vicino alla “mente” (ovvero i centri di ricerca e sviluppo), abilitando il Reshoring della produzione.
Figura – Fenomeno del Re-shoring – Adattato da The Economist, Aprile 2012
Sono relativamente pochi gli esempi ad oggi disponibili di Reshoring o Next-shoring. Si possono citare i casi Rolls Royce, con lo sviluppo di un sito produttivo per le proprie turbine in Virginia , oppure di Whirlpool, che ha deciso di incrementare la produzione negli impianti in Tennessee piuttosto che delocalizzare. Entrambe queste aziende stanno sfruttando diverse tecnologie digitali sopra citate (tra cui Internet delle cose e Stampa 3D), e hanno trovato negli USA un terreno fertile di conoscenze e competenze in grado di favorire l’utilizzo di queste tecnologie nei propri sistemi produttivi.
CENTRO DI RICERCA SCSM – Supply Chain & Service Management
Il Gruppo di Ricerca in Supply Chain & Service Management (www.scsm.it) dell’Università di Brescia sviluppa attività di ricerca e trasferimento nell’ambito della configurazione e della pianificazione dei sistemi fisici ed organizzativi dedicati alla produzione, distribuzione e vendita di beni e di servizi, tramite networking, trasferimento e ricerca.
Andrea Bacchetti è ricercatore post-doc dal 2010 – andrea.bacchetti@unibs.it
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