“Il blocco dell’offerta e il crollo della domanda causati dall’emergenza sanitaria connessa alla diffusione del COVID-19 hanno fatto sprofondare le imprese in una drammatica crisi di liquidità”. L’analisi diffusa dal Centro Studi di Confindustria si apre con considerazioni pesanti sulla situazione in cui si trovano e si troveranno le aziende italiane, dove esise il rischio che sia messa “a repentaglio la sopravvivenza di intere filiere”.
L’Italia è lenta
Oltre a queste considerazioni, però, lo studio è particolarmente critico nei confronti delle misure adottate dal Governo: “Il punto critico della risposta italiana sono i tempi di adozione e implementazione delle misure. Il ritardo è ampio rispetto agli altri paesi considerati e compromette l’efficacia delle misure adottate che, in una fase emergenziale come quella attuale, necessitano, invece, di una trasmissione immediata al sistema economico. Il Governo italiano ha adottato il primo provvedimento organico a carattere nazionale 23 giorni dopo aver registrato i primi 100 casi di COVID-19, mentre sono stati sufficienti 15 giorni negli Stati Uniti, 12 in Francia e 8 in Germania per la medesima reazione. Ciò è dovuto alla difficoltà politica di trovare l’accordo tra le forze della maggioranza, ma anche all’enorme complessità dei provvedimenti legislativi che si adottano in Italia: il solo DL 34/2020 (cosiddetto “DL Rilancio”) è composto di 266 articoli e richiede 90 provvedimenti attuativi. Questa complessità, unita alle difficoltà operative della Pubblica amministrazione conferma, anche in queste circostanze, il ritardo cronico nell’implementazione delle misure. Per quanto riguarda i sussidi, la Germania ha erogato oltre 13 miliardi di euro di aiuti a piccole imprese e autonomi (in circa due mesi) contro i 4,7 della Francia (erogati in poco più di 2 mesi) e i 2,4 dell’Italia (per il solo mese di marzo e solo alle partite IVA). Per quanto riguarda la liquidità: il Governo americano in due mesi ha erogato 512 miliardi di dollari di prestiti (a oltre 4,5 milioni di beneficiari); la Germania, in due mesi e mezzo, circa 47 miliardi di euro (a quasi 63mila beneficiari); l’Italia, tramite il Fondo di Garanzia, in tre mesi, quasi 34 miliardi (per soddisfare circa 646mila domande) e, tramite la Garanzia Italia-SACE, in due mesi e una settimana, solamente 718 milioni (a 75 beneficiari). Si tratta di criticità evidenti anche in tempi normali, ma che hanno effetti molto peggiori in situazioni emergenziali come quelle attuali. La difficoltà nella trasmissione al sistema economico delle decisioni politiche rappresenta un grande ostacolo allo sviluppo del Paese, che richiede di essere affrontato con interventi straordinari”.
La Germania ha fatto molto di più
Per gli esperti di Confindustria, è impietoso anche il confronto con le misure adottate dalla Germania: “Le misure prese dai diversi paesi si possono distinguere in due categorie: misure di impulso fiscale, quelle che i beneficiari non dovranno rimborsare, e misure per la liquidità che vanno, invece, ripagate. Analizzando i Programmi di stabilità presentati dai paesi europei, l’ammontare dell’impulso fiscale adottato in Italia è inferiore a quello della Germania (4,5 punti di PIL del 2019) ma sopra alla media UE (3 punti): 4,2 punti di PIL 2019 contro 1,7 della Francia e 0,7 della Spagna. Sulle misure per la liquidità, l’Italia primeggia con un ammontare massimo potenzialmente utilizzabile pari a circa 37,8 punti di PIL (media UE: 20,6 punti), seguita da Germania (27,8), Francia (15,9) e Spagna (10,1). Tra le misure prese, il valore di quelle destinate alle imprese che i governi dei paesi UE hanno notificato alla Commissione europea nell’ambito del regime temporaneo sugli aiuti di Stato (che sono una parte delle misure complessivamente pianificate dai governi a favore delle imprese), in Germania è stimabile in 28,9 punti di PIL 2019, in Italia in 16,9 punti e in Francia in 13,7 punti. La tipologia di interventi previsti in Italia è largamente in linea con quella di Francia, Germania e Stati Uniti.”
La risposta del Governo non si è fatta attendere e la presa di posizione è stata decisa. In una nota congiunta, infatti, Mise e Mef hanno accusato Confindustria di aver utilizzato dati “superati, fuorvianti e incompleti”.
Il documento completo elaborato dal Centro Studi di Confindustria è disponibile a questo link