Non più un problema da gestire, ma un rischio da prevenire. È su questo principio cardine che si basa la nuova Direttiva UE 2020/2184 sulla qualità delle acque potabili, che dovrà essere recepita dall’Italia e da tutti gli Stati membri entro il 12 gennaio 2023, e che rivede, supera e sostituisce (dopo oltre 20 anni) la Direttiva 98/83/CE con l’immutato obiettivo primario di assicurare un livello elevato di protezione dell’ambiente e della salute delle persone dagli effetti negativi derivanti dal consumo di acqua contaminata.
Nulla cambia e tutto cambia, sebbene lo scopo le accomuni. La nuova Direttiva sulle acque potabili, però, punta sulla prevenzione e, per farlo, detta una serie di criteri di recepimento che introducono dei chiari obblighi – informativi, di sorveglianza, di controllo e garanzia – per proteggere la salute umana dalla contaminazione delle acque, garantendo la salubrità e la pulizia delle stesse.
Partendo dalle criticità emerse dalle segnalazioni di Right2Water (campagna promossa dai cittadini europei per impegnare l’Unione Europea e gli Stati membri ad attuare il diritto all’acqua e ai servizi igienici), e dalla successiva valutazione della Commissione europea sull’adeguatezza della disciplina vigente, la nuova direttiva introduce l’obbligo del controllo in via preventiva in tutta la catena di approvvigionamento, con un approccio più olistico alla gestione del rischio (ovvero con visione globale dell’intero sistema-filiera per poter delineare una completa “mappa del rischio”). In tal senso, ridefinisce l’elenco dei parametri microbiologici e chimici inserendovi, ad esempio, in fase estrattiva le microplastiche, gli interferenti endocrini e i prodotti farmaceutici e, in ambito di distribuzione domestica, il controllo di legionella e piombo, concentrando l’attenzione sui “locali prioritari” (strutture sanitarie, ricettive, scuole e pubblici esercizi). Vengono definiti anche i requisiti minimi di igiene per i materiali che entrano in contatto con le condutture e, cosa di primaria importanza, viene chiesto di garantire l’accesso all’acqua a tutti, anche agli emarginati e ai vulnerabili che, in Europa, sono circa 2 milioni.
Ma “le rivoluzioni apportate dalla nuova Direttiva sulle acque potabili vanno oltre e si concentrano anche sulle informazioni – adeguate a aggiornate – da fornire ai consumatori per indurli a bere e a rispettare l’acqua del rubinetto”, chiarisce l’avvocato Paola Rita Esposito, consulente di diritto delle acque e Legal Advisor di Celeris, società di consulenza che coordina il progetto WHOW (Water Health Open knoWledge) finalizzato alla creazione di una infrastruttura europea sui dati ambientali e di impatto sulla salute. “Le due finalità principali della Direttiva, ossia migliorare l’accesso all’acqua e l’informazione pubblica, rispondono alle richieste dei cittadini di modernizzare la comunicazione e di mettere a loro disposizione informazioni aggiornate e pertinenti sulla qualità delle acque potabili”.
Per fare ciò diventa fondamentale non solo la raccolta periodica dei dati (informazioni relative alla valutazione e gestione del rischio per ogni punto di estrazione dell’acqua, informazioni contenenti i risultati di monitoraggio della qualità dell’acqua, degli incidenti, delle deroghe concesse, ecc.), ma anche la loro “omogeneizzazione” per consentirne la lettura e la comparazione. Da qui l’obbligo per legge di istituire in Italia un sistema informativo di raccolta dati centralizzato (la cosiddetta piattaforma AnTeA – Anagrafe Territoriale dinamica delle Acque potabili) e di rivedere l’intero sistema di sorveglianza e controllo della sicurezza dell’acqua potabile, affidato all’Istituto Superiore di Sanità. Quest’ultimo diventerà anche CeNSiA (Centro Nazionale per la Sicurezza delle Acque) con rinnovate funzioni ai fini dell’approvazione dei piani di sicurezza delle acque nell’ambito della valutazione della qualità tecnica dell’acqua e del servizio idrico di competenza di ARERA, Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente. E, da ora, per assicurare un uso sostenibile delle risorse idriche, chi usa paga ma, soprattutto, paga chi sbaglia: verrà infatti ridefinito anche un sistema sanzionatorio sulle violazioni.
La fornitura diventa un servizio generale, quindi, il cui costo diventa a carico degli utenti e include tutti i servizi collegati all’uso dell’acqua come la manutenzione delle attrezzature, gli investimenti, i costi ambientali e quelli legati al depauperamento delle risorse. E questa, in definitiva, è la grande, vera rivoluzione perché smette di accettare lo spreco e l’abuso di un bene tanto prezioso.
La nuova Direttiva sulle acque potabili, concederà agli Stati membri un periodo transitorio per adeguarsi: avranno tempo fino al 12 gennaio 2026 per adottare le misure necessarie affinché le acque destinate al consumo umano siano in linea con i parametri indicati nella Direttiva; entro il 12 luglio 2027 dovranno avere istituito il piano di valutazione e gestione dei rischi per i bacini idrografici e per punti di estrazione; entro il 12 gennaio 2029, infine, dovranno avere introdotto misure atte a migliorare l’accesso e a promuovere l’uso di acqua per il consumo umano unitamente al piano di valutazione dei rischi per i sistemi di distribuzione e di fornitura. Tutte le informazioni dovranno essere messe a disposizione dell’Agenzia Europea per l’Ambiente.
L’introduzione del nuovo approccio olistico preventivo alla sicurezza dell’acqua “basato sul rischio”, esteso dal ciclo naturale al ciclo idrico integrato (distribuzione delle acque potabili, fognature, depurazione, restituzione all’ambiente) porterà al rinnovamento dell’intero sistema idro-potabile, rivoluzionando il sistema esistente dei controlli sull’acqua (di tipo retrospettivo), con un criterio preventivo basato sull’analisi delle situazioni di potenziale pericolo che potrebbero verificarsi in tutta la filiera. In definitiva, la Direttiva 2020/2184 comporterà in Italia un radicale cambiamento delle strategie finalizzate al miglioramento della qualità delle acque potabili attraverso il rinnovamento dell’intero sistema idro-potabile.
Si tireranno le somme almeno ogni 5 anni, con periodica valutazione degli standard microbici e chimici oltreché delle procedure di monitoraggio, di campionamento e di valutazione del rischio.
Nel 2035 la prima, concreta valutazione della nuova Direttiva sulle acque potabili nella sua applicazione globale.
Maria Chiara Di Carlo