Negli ultimi due anni quasi 4000 imprese hanno deciso di investire per promuovere il raggiungimento degli obiettivi di carbon neutrality e ridurre la propria impronta carbonica, così come previsto dai programmi dell’UE e dell’Agenda Globale del 2030 dell’ONU.
Se negli ultimi mesi abbiamo assistito a un vero e proprio terremoto nel mercato dell’energia con un incremento dei prezzi per cittadini e imprese, analogamente la CO2 ha visto crescere il suo valore di oltre 10 volte in soli 5 anni accentuando il trend, già in atto da tempo, di aumento esponenziale del valore. Una crescita che continuerà anche nei prossimi anni. Queste valutazioni sui costi dell’energia e della CO2 evidenziano una realtà, ormai, ineludibile: non essere sostenibili costa. Se la transizione energetica è diventata ormai la strada maestra per le imprese che vogliono mantenere la propria competitività, anche l’orientamento del mercato e, di conseguenza, quello degli investitori, consiste nel supportare le attività delle aziende che mettono al centro i valori ESG promuovendo l’economia circolare e i modelli di sviluppo sostenibili per raggiungere gli obiettivi di carbon neutrality prefissi.
A livello europeo, l’UE si è prefissa questo importante obiettivo grazie al progetto “Fit for 55” che prevede la riduzione delle emissioni di gas serra del 55% al 2030 rispetto ai livelli del 1990. Il nostro Paese, come seconda potenza manifatturiera d’Europa, ha dei comparti in cui è sicuramente più complesso agire – acciaio, chimica, ceramica, vetro, cemento – e che, al contempo, corrispondono ai settori più cruciali per la nostra economia. Il 63% delle emissioni nazionali proviene proprio da queste aree definite come hard to abate proprio perché necessitano di calore a elevata temperatura per cui viene rilasciata CO2 anche durante le reazioni nel processo produttivo. Secondo alcune stime di un recente studio di BCG, saranno necessari investimenti per decine di miliardi di euro per permettere ai settori hard to abate di raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni CO2 entro il 2030. La transizione ecologica del sistema industriale italiano ha bisogno, perciò, di importanti azioni di sussidio per raggiungere gli obiettivi prefissi e preservare comunque la crescita economica.
A tal fine, grazie al supporto delle istituzioni e di alcune grandi aziende italiane, è nato l’Industrial Decarbonization Pact, un progetto strategico che raccoglie alcune delle principali associazioni di categoria del sistema industriale nazionale: Assocarta, Assofond, Assovetro, Confindustria Ceramica, Federacciai, Federbeton e Federchimica. Al contempo, gli obiettivi a lungo termine necessitano di interventi radicali e continuativi: occorrerà sfruttare pienamente il potenziale delle tre leve più innovative – green fuels, elettrificazione, cattura della CO2 – per poter garantire, al 2050, il 70-80% di riduzione delle emissioni totali dei settori hard to abate. Parimenti, efficienza energetica, economia circolare e combustibili low-carbon potrebbero portare a una riduzione di un ulteriore 15-20%.
L’ultimo report della IEA (Internazional Energy Agency) propone 10 raccomandazioni per i paesi G7 al fine di accelerare la transizione ecologica e, allo stesso tempo, garantire alle industrie qualità e sviluppo economico:
- Sviluppare piani d’azione di lungo termine per l’industria al fine di indirizzare gli investimenti verso il raggiungimento degli obiettivi di carbon neutrality;
- Finanziare progetti pilota per lo sviluppo delle tecnologie near zero;
- Sviluppare meccanismi di finanziamento per le tecnologie near zero, come ad esempio la produzione e la distribuzione di energia elettrica rinnovabile e di idrogeno verde;
- Permettere alle aziende di investire in tecnologie low carbon stimolando la domanda di questi prodotti soprattutto nel settore pubblico;
- Creare un’alleanza internazionale a supporto della transizione industriale;
- Dare una centralità al discorso sulla decarbonizzazione nel settore del cemento;
- Consolidare standard condivisi per la quantificazione delle emissioni;
- Adottare soglie di emissione che permettano di identificare chiaramente i prodotti near zero;
- Elaborare degli step intermedi per ridurre le emissioni di gas serra;
- Estendere i lavori sull’identificazione di standard, norme e soglie di emissione all’intera catena del valore, dall’approvvigionamento delle materie prime al fine vita dei prodotti.
La recente situazione geopolitica e la conseguente crisi energetica potrebbero rappresentare un’occasione per accelerare la transizione energetica ed evolvere realmente verso un modello di economia circolare. Le esportazioni russe di gas diminuiranno inevitabilmente, perché il mercato asiatico non riuscirà a compensare la perdita di quello europeo. I prezzi elevati del metano, la riduzione delle forniture in arrivo dalla Russia e l’esigenza di trovare rapidamente delle alternative valide, dovrebbero rappresentare, quindi, un reale e urgente incentivo verso la decarbonizzazione e del raggiungimento degli obiettivi di carbon neutrality.
Una recente indagine condotta da DNV nell’ambito della Energy Transition Research afferma che nel 2024 il 34% del mix energetico europeo sarà ricavato da combustibili non fossili. Nello stesso anno, l’uso complessivo di gas diminuirà del 9% rispetto al modello prebellico e l’utilizzo dell’energia solare aumenterà del 20% entro il 2026. Stando a queste prospettive, gli obiettivi potrebbero essere raggiunti più rapidamente ma tutto dipende dalle volontà politiche energetiche e climatiche dei Paesi europei che dovranno essere aderenti agli obiettivi dell’accordo di Parigi. Sarà perciò importante la cooperazione tra Stati e, soprattutto, finanziamenti e supporto da parte dell’Unione Europea per rendere tale processo reale e realizzabile.
di Marco Merlo Campioni, CEO di save NRG