Negli ultimi anni, la stampa 3D ha conquistato l’attenzione di molte realtà industriali. In collaborazione con OnePoll, Istituto di ricerca britannico, Reichelt elektronik annuncia i dati di una indagine condotta su un campione di 250 responsabili delle decisioni aziendali in Italia, ma anche dipendenti e manager del mondo della progettazione, sviluppo e tecnologia. Tra le principali aziende coinvolte vi sono realtà italiane operanti in settori quali il manifatturiero, la logistica, il farmaceutico, l’energy, l’IT e l’ICT.
Stampa 3D: uno standard di produzione
Quasi l’80% delle realtà aziendali ha affermato di utilizzare la stampa 3D nella produzione; tra queste, quasi il 73% possiede, presso la propria azienda, tutti gli strumenti necessari per la produzione interna di tutte le parti. Questa stampa si applica principalmente allo sviluppo di prototipi ed alla produzione di modelli visivi, ma viene anche utilizzata per la produzione, in piccole serie, di prodotti e pezzi di ricambio su misura, protesi, impianti e componenti.
I filamenti più comuni
La maggior parte delle aziende, ovvero circa l’82% degli intervistati, ha dichiarato di avvalersi principalmente di filamenti plastici come ABD, PLA o PETG. Molto diffusi sono anche i materiali compositi, utilizzati da più del 57% delle aziende italiane. Seppur più costoso, l’utilizzo di metalli è una scelta di quasi il 30% delle industrie italiane. Tra i materiali meno utilizzati nel processo di stampa (28%) vi sono la ceramica, la cera, la resina sintetica o la carta; il cemento, infine, è attualmente utilizzato come materia prima solo dal 5% delle imprese.
Inoltre, un discreto numero di industrie desidera una gamma di materiali più varia e assortita, con elementi quali silicone (FQM), legno o simili, tessuti, vetro, materie prime refrattarie, carbonio, principi attivi e materiali ausiliari per le pillole, la gomma e gli alimenti.
Velocità e precisione: gli elementi da migliorare
Alla domanda sulle principali difficoltà che le aziende riscontrano nell’utilizzo di tecniche di stampaggio 3D, il 30% ha risposto che la realizzazione di questa tipologia di stampe richiede tempi troppo lunghi, oltre a manutenzione e filamenti molto costosi. Inoltre, circa il 24% riscontra difficoltà nella realizzazione dei formati richiesti, a causa di cavità o limitazioni di dimensioni.
Queste carenze suggeriscono che la tecnologia informatica e le opzioni di applicazione devono ancora essere sviluppati e migliorati notevolmente. Più la tecnologia avanza e più sarà elevato il know-how degli utenti, minore potrà essere il margine di errore.
Il potenziale della stampa 3D per l’uscita dalla crisi
Un buon numero di aziende, più del 41%, prevede di investire maggiormente nella stampa 3D e di espandere l’uso di questa tecnologia all’interno della propria organizzazione. Circa il 50%, invece, ha dichiarato di aver pianificato di investire in quest’ambito come diretta conseguenza della crisi da coronavirus. Molti vedono in questa opportunità un modo per compensare quanto perso a causa della crisi, facendo leva sul risparmio e sulla possibilità di ampliare la propria offerta.
In generale, quasi il 45% degli intervistati italiani considera la produzione interna un modo efficace per superare i ritardi della catena di approvvigionamento o la carenza di rifornimenti.
Secondo quanto emerso dall’analisi, per il 60% vi è un notevole incremento in termini di produttività, seguito dal 58% delle aziende che vede la possibilità di espandere la propria gamma prodotti, sviluppare nuove aree di business (55%) e risparmiare dal punto di vista economico (51%).
I dati dimostrano come le aspettative sul futuro della stampa 3D e il suo forte potenziale siano confermati. Sarà dunque entusiasmante vedere come si svilupperanno le possibilità tecniche e la diffusione in Italia e se le aspettative per questa tecnologia saranno confermate. Al momento, quest’indagine suggerisce che ci sono alcuni segnali positivi in merito.