Nel contributo che vi proponiamo qui di seguito, Tim Foreman, Research & Development Manager di OMRON, invita a sfruttare l’AI per rendere le macchine più intelligenti, così pure le persone. L’ulteriore puntualizzazione, però, è che “Il DNA umano si è evoluto nel corso di milioni di anni – dice l’esperto – ed è quindi irrealistico aspettarsi che le macchine emulino il cervello umano in pochi mesi“.
Che abbia ragione lui? Buona lettura.
Dieci anni fa ero molto orgoglioso di quanto fossero smart le macchine della nostra azienda. Ora, a fronte della definizione odierna di “smart”, mi rendo conto che in realtà erano piuttosto stupide.
Perché? Perché anche se stavano svolgendo la funzione per cui erano state progettate, nel momento in cui incontravano un imprevisto o un evento fuori dall’ordinario si paralizzavano. Ed erano costrette a chiedere all’operatore “qual è il mio problema?”.
La risoluzione dei problemi e il ripristino del funzionamento delle macchine richiedeva l’intervento di persone intelligenti. Operatori altamente qualificati. Ingegneri software e hardware esperti.
Il problema è che negli ultimi dieci anni questi professionisti sono diventati sempre più introvabili. Il numero di nuovi talenti in entrata nel settore non è sufficiente a compensare il numero di lavoratori in età pensionabile. Quando lasciano l’azienda, i pensionati portano con sé la propria conoscenza duramente maturata sul campo, risultato di anni di esperienza. Per ogni lavoratore in uscita, le aziende devono fare i conti con la prospettiva di una forza lavoro meno produttiva e meno qualificata.
Niente più domande sciocche
La soluzione più ovvia è che le macchine diventino più intelligenti e non debbano più porre domande banali. I costruttori di macchine progettano sistemi in grado di capire da soli il motivo alla base di un arresto o di un problema.
Questo sta già avvenendo in qualche misura. L’uso di sensori che permettono all’incartonatrice di comunicare all’operatore di aver terminato gli stampi, ad esempio.
Tuttavia, ciò è possibile esclusivamente ricorrendo all’uso dei sensori. Per portare l’autonomia di un sistema a un livello superiore è richiesta l’intelligenza artificiale (IA), che consente alle macchine di utilizzare algoritmi intelligenti in grado di eseguire analisi sofisticate più simili ai circuiti del cervello umano.
Si parla molto dell’utilizzo dell’IA per emulare i processi del pensiero umano nelle applicazioni industriali, ma esempi reali di aziende che riescono a sfruttarne appieno il valore sono più unici che rari.
Insidie comuni dell’intelligenza artificiale
Alla base delle insidie ci sono due motivi principali: innanzitutto, le aziende spesso cadono nell’errore di applicare in modo eccessivamente generico l’intelligenza artificiale e, in secondo luogo, non sanno come gestire l’esplosione di dati generata da questo approccio di ampia portata.
Per valutare in che modo applicare l’IA nella tua fabbrica, devi innanzitutto individuare il problema da risolvere o il miglioramento da apportare. Comincia da poco, con un problema molto specifico. Dovrai poi raccogliere i dati pertinenti, attività tutt’altro che semplice. Non solo dovrai assicurarti di disporre dei dati corretti, ma anche di memorizzarli al momento giusto e di non perderli. Sarà quindi necessario analizzare tali dati.
Il Controller IA di OMRON, la prima soluzione di intelligenza artificiale al mondo che funziona “in modalità Edge” (con l’hardware basato su IPC NY5 e la CPU NX7 Sysmac), farà tutto questo per te. Il controllore registra i dati a micro-velocità e li analizza utilizzando il riconoscimento degli schemi in base ai dati di processo raccolti direttamente sulla linea di produzione. È integrato nella nostra piattaforma di controllo di fabbrica Sysmac; pertanto, può essere utilizzato direttamente nella macchina per evitare perdite di efficienza.
Intelligenza artificiale in azione nelle macchine
Come esempio di questo approccio in azione, stiamo attualmente collaborando con un cliente dell’industria alimentare per migliorare l’integrità dei sigilli. Anziché affidarsi all’operatore per riconoscere quando la testa di sigillatura non funziona come dovrebbe, la macchina per imballaggio utilizza l’intelligenza artificiale per garantire prestazioni ripetibili. Applicando un approccio basato su IA all’attività di sigillatura, aumenteremo la durata di conservazione di diversi giorni e ridurremo al minimo l’eventualità di sigilli difettosi, eliminando così il rischio che i clienti retailer respingano un intero lotto di prodotti.
Apprendimento automatico: colmare il divario esperienziale
Finora ho parlato solo di sfruttare l’IA per rendere le macchine più intelligenti. L’altro obiettivo di sviluppo è rendere le persone più intelligenti. Le risorse fisiche, in questo caso lavoratori altamente esperti, possono restituire dati ed è possibile applicare il riconoscimento degli schemi. In poche parole, l’operatore qualificato allena la macchina e la macchina allena l’operatore inesperto.
Nel nostro laboratorio, stiamo attualmente sperimentando macchine guidate dall’intelligenza artificiale che chiedono agli operatori di assemblare i prodotti e registrano i relativi passaggi per scoprire il modo più intelligente di eseguire questa attività, affinché questa tecnica possa essere insegnata ad altri operatori.
Un’altra applicazione industriale per l’apprendimento automatico potrebbe riguardare l’uso dell’intelligenza artificiale per stabilire le azioni che l’operatore deve eseguire sulla macchina. Se le mani dell’operatore si muovono nella direzione sbagliata, ad esempio, verrà generato un avviso.
Solo i più intelligenti hanno la risposta
Le aziende all’avanguardia nel loro percorso di trasformazione digitale saranno in grado di sfruttare al meglio il valore dell’intelligenza artificiale, che si tratti di identificare e formare sulle buone prassi, prevedere i guasti o monitorare le condizioni di funzionamento. Tuttavia, le aziende a inizio percorso non devono essere scoraggiate dall’esplorazione dell’intelligenza artificiale. Quando si ordina una nuova macchina, è importante assicurarsi che sia in grado di generare dati per scopi di intelligenza artificiale. Non è necessario conoscere i dati richiesti, ma è sufficiente conoscere le domande giuste da porre al costruttore della macchina. Inoltre, è preferibile iniziare con un approccio graduale. Il DNA umano si è evoluto nel corso di milioni di anni ed è quindi irrealistico aspettarsi che le macchine emulino il cervello umano in pochi mesi.