Secondo una ricerca di Rome Business School sul trasporto elettrico emergono una serie di evidenze su cui è il caso di ragionare. Il vero impatto della sensibilizzazione verso la mobilità sostenibile nel lungo termine, infatti, non è dato solo dal sempre maggiore uso di autovetture meno inquinanti o elettriche, ma investe soprattutto il mondo del lavoro.
Stando ai ricercatori che hanno condotto lo studio intitolato “L’evoluzione del settore automotive in Italia. L’impatto della mobilità sostenibile su economia e lavoro”, gli italiani cominciano sì a capire la convenienza economica negli anni delle autovetture elettriche e i benefici per l’ambiente e la salute. Tuttavia, come sottolineato da Fabrizio Zucca, esperto di automotive e sostenibilità, e Valerio Mancini, Direttore del Centro di Ricerca di Rome Business School, il vero ritorno si avrà se verranno potenziate le soluzioni di mobilità pubblica sostenibile, così come gli investimenti nell’innovazione tecnologica che permettano il riciclo di componenti, e se ci sarà una rapida riconversione delle PMI che porterà con sé una radicale riqualificazione non solo dei pezzi prodotti ma anche della mano d’opera, affinché l’Italia possa guidare la transizione verso l’elettrificato, oggi 7º produttrice in EU.
Trasporto elettrico alla sfida del riciclo e della riconversione delle PMI
“L’eliminazione degli inquinanti passa necessariamente per la decarbonizzazione dei trasporti ed evidenzia la necessità di adottare nuovi e più radicali approcci volti alla diminuzione dell’utilizzo di mezzi di trasporto individuali, oltre ad un parco macchine costituito in prevalenza da nuovi vettori energetici e veicoli non inquinanti”, afferma Zucca.
Al contrario di quello che generalmente si immagina, il settore industriale non è la fonte principale dell’inquinamento atmosferico, ma lo sono i trasporti, il residenziale e la generazione di energia, che producono il 70% delle emissioni nocive. In Italia, nel il settore dei trasporti è responsabile del 25% delle emissioni totali di gas serra e del 30% delle emissioni di CO2; con il 92% di queste ultime direttamente attribuibile ai trasporti stradali. Non sorprende quindi che, secondo l’Agenzia europea per l’ambiente, quasi 70mila persone nel nostro paese siano morte prematuramente nel 2020 a causa dell’inquinamento, prevalentemente per le polveri sottili.
In Italia continuano ad aumentare le vendite di auto elettrificate (ibride ed elettriche), nel 2021 +199% rispetto all’anno precedente, il 38,4% del totale immatricolate. Anche in EU crescono le immatricolazioni di auto, a marzo erano sempre di più le elettriche (+43,2%) e le ibride (+35,8%) rispetto allo stesso periodo del 2022, buona notizia soprattutto per Stati Uniti, UE e Cina, rappresentanti del 60% della produzione mondiale di autovetture e principali mercati. Questi numeri pongono due principali sfide-opportunità: il riciclo e la riconversione delle PMI.
Batterie elettriche protagoniste di una strategia di riciclo
Le nuove batterie elettriche, che hanno una vita utile dentro una macchina di 10-15 anni, potrebbero avere una seconda vita come accumulatori domestici o si potrebbero riciclare le sue componenti. A tal proposito, l’European Battery Regulation prevede che al 2030 sarà obbligatorio avere livelli di riciclabilità del 95% per cobalto, rame, nichel e del 75% per il litio. “In altre parole, è molto probabile che il litio che sto utilizzando sulla mia batteria oggi, terminato il suo ciclo completo, fornirà i materiali per la produzione della batteria di mio figlio. A differenza dal carburante fossile e della sua filiera che consumo oggi e che non potrà essere riutilizzato in futuro”, afferma Valerio Mancini. Quindi, indubbiamente il trasporto elettrico offre vantaggi economici a lungo termine nonostante il prezzo iniziale più elevato.
Non solo, la transizione verso una maggiore domanda e produzione di auto elettrificate, rappresenta sì una sfida per l’industria automobilistica, ma offre anche opportunità per le PMI specializzate nella produzione di componenti. “È fondamentale sostenere la riconversione delle PMI verso nuove tecnologie e favorire l’adozione di nuovi modelli di business per garantire la competitività non solo del trasporto elettrico ma dell’intero settore automobilistico italiano”, afferma Fabrizio Zucca. “Sono a rischio tanti posti di lavoro, ma le PMI hanno la capacità e le conoscenze per adattarsi e così mitigare l’impatto del passaggio alla mobilità elettrica”, continua. Inoltre, la creazione di infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici, che si stima sia di 3,2 milioni di punti di ricarica domestici e 110.000 punti di ricarica pubblici in Italia, genererà oltre 4 mila posti di lavoro entro il 2030.
Trasporto elettrico: le conseguenze sul mondo del lavoro
Il settore automotive impiega oggi quasi 13 milioni di persone in Europa (7% dell’occupazione totale). Si stima che in Italia, il settore dell’automotive genererà oltre 90 miliardi di euro, corrispondente al 9,3% del settore manifatturiero e al 5,2% del PIL italiano (Ainfa, 2022). La filiera è composta da oltre 5.000 imprese che risiedono maggiormente in Piemonte (37%) e Lombardia (32%) e nei primi undici mesi del 2022 hanno prodotto +5,4% più autovetture a livello domestico rispetto l’anno precedente.
La transizione verso il trasporto elettrico, la continua evoluzione tecnologica in guida autonoma e connettività, poteranno sì l’aumento di richiesta di figure specializzate come ingegneri di software ed elettrici e la creazione a livello europeo di 580.000 posti nei settori delle batterie e delle infrastrutture di ricarica, ma anche la perdita di 630.000 posti di lavoro nei settori legati alle auto tradizionali in UE. La transizione avverrà in due fasi, con una fase di consolidamento prevista tra il 2025 e il 2028. Nello specifico caso dell’Italia, uno studio realizzato da Motus-E e dal Cami – Center for Automotive and Mobility Innovation, stima i numeri di occupati in crescita: ci saranno 296.800 occupati totali nel settore automobilistico nel 2030, un aumento del +6% rispetto i 280.000 del 2022.
Il mercato delle auto in Italia oggi e la transizione futura
L’Italia è il secondo Paese in UE per numero di autovetture in relazione alla popolazione, con circa 663 veicoli ogni 1000 abitanti, secondo solo al Lussemburgo (681 per 1000 abitanti) e con un valore molto più elevato rispetto a Germania (574), Spagna (513), Francia (482) e Regno Unito (473).
Analizzando i primi quattro mesi del 2023, si osserva una crescita del 26,9% nel mercato automobilistico italiano rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le immatricolazioni ammontano a 552.850 veicoli, rispetto alle 435.681 immatricolazioni nel periodo gennaio-aprile 2022, e secondo le previsioni dell’Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri (UNRAE), si stima che il volume annuale raggiungerà circa 1.400.000 unità, rappresentando un aumento del 11,6% rispetto al 2022, sebbene rimanga ancora inferiore del 23,3% rispetto al 2019.
La Valle d’Aosta è la regione con più macchine (2021), con ben 257 ogni 100 abitanti, seguita dal Trentino Alto-Adige (132). Invece passando ai comuni, nel 2022 Roma è al primo posto con 1,75 milioni di autovetture immatricolate, con 62 auto ogni 100 persone. A livello nazionale, ci sono per lo più Fiat Panda, in vetta alle classifiche nell’aprile 2023 con il 9,31% delle vendite totali; Dacia Sandero (4,22%); e la Fiat 500 con il (3,90%).
Il passaggio necessario verso il trasporto elettrico e una mobilità sempre più sostenibile porta con sé molteplici sfide per il settore dell’automotive, ma offre anche molteplici opportunità. L’Italia, con la sua lunga tradizione nel settore automobilistico e la sua expertise nel design e nella produzione di veicoli di alta qualità, ha il potenziale per guidare questa transizione, ma serve una cultura diffusa tra gli italiani. Bisogna continuare a formare e sensibilizzare sulle alternative di trasporto ecologiche e sull’importanza della riduzione delle emissioni nocive.
Futuro roseo per il trasporto elettrico ma a fronte di investimenti mirati
È inoltre è fondamentale che l’Italia adotti politiche ambiziose, tramite investimenti mirati in ricerca e sviluppo di tecnologie sempre più efficienti, nell’espansione delle infrastrutture quali punti di ricarica, e nell’integrazione di sistemi intelligenti di gestione del traffico. “L’Italia ha la capacità di diventare un leader nell’industria dell’automotive sostenibile, creando posti di lavoro e favorendo lo sviluppo economico. La collaborazione tra il settore pubblico e privato, insieme a politiche mirate e investimenti strategici, sarà fondamentale per affrontare le sfide e cogliere le opportunità offerte dalla mobilità sostenibile”, afferma Fabrizio Zucca.
Solo così, l’Italia potrà avere una vera influenza nello sviluppo dei trend del settore, quali: l’elettrificazione e lo sviluppo di veicoli a zero emissioni, l’implementazione di tecnologie avanzate e di connettività con sistemi di assistenza alla guida, l’aumento dei servizi di ridesharing, e infine l’incorporazione dell’automazione e dell’intelligenza artificiale. “È importante notare che questi trend sono soggetti a molte variabili, come i progressi tecnologici, le politiche governative, le preferenze dei consumatori e le sfide ambientali. Ma sicuramente il settore del trasporto elettrico continuerà a crescere in Italia e a livello internazionale”, conclude Mancini.